Li abbiamo citati ieri, rientrano tra le categorie "minori", spesso in Italia non arrivano nemmeno in homevideo.
Sono i film nominati per la sezione Best Documentary e sono dei veri e propri gioielli ingiustamente sottovalutati.
Diamo loro uno sguardo più approfondito e chissà che non convinca qualcuno a cercarli o a non perderli se mai riusciranno a varcare i confini nazionali.


5 Broken Cameras
The Gatekeepers 
How to Survive a Plague 
The Invisible War 
Searching for Sugar Man




5 Broken Cameras è un documentario personale su una delle guerre più sanguinarie che tutti fingiamo di dimenticare regolarmente: il conflitto in medioriente.
L'idea è - appunto - intima: filmare la nascita e i primi anni di vita del figlio. Così Emad Burnat acquista una videocamera, ma se abiti a Bil'in, un villaggio della Cisgiordania minacciato dagli insediamenti israeliani non proprio avvezzi alla comprensione dei confini, difficilmente la tua vita sarà scissa dal conflitto che si combatte quotidianamente.
Bil'in è un esempio di resistenza non violenta e Guy Davidi (regista israeliano!) mette insieme un documentario unendo cinque anni di riprese familiari e politiche allo stesso tempo.
Le videocamere vengono effettivamente rotte una dopo l'altra anche se erano state realmente acquistare solo per riprendere i primi passi di Gibreel, il quarto figlio di Burnat (professione: agricoltore).
Uno spaccato di vita e di mondo che ci permette di comprendere cosa significhi sia l'occupazione israeliana sia la non violenza, una testimonianza unilaterale ma al tempo stesso non troppo di parte: un'idea brillante che, a discapito delle apparenze, si chiude con un messaggio ottimista.
Meraviglioso.

The Gatekeepers è molto simile al precedente, ma il punto di vista è diametralmente opposto: la quotidianità ripresa è quella dello Shin Bet (l'intelligence israeliana) e i narratori sono sei ex-capi dei servizi segreti responsabili della sicurezza interna.
Non è 'artigianale' come il precedente (unisce interviste, materiale di repertorio e animazioni al computer per la spiegazione di alcuni aspetti), ma l'onestà dei protagonisti è spiazzante: parlano del targeting dei militanti di Hamas, di come scelgono chi uccidere e chi no, ma mai, nemmeno per un secondo, appare fanatismo o critica.
Anzi: appaiono stupiti dello scoppio della prima Intifada, quasi candidi quando parlano delle esecuzioni sommarie; a tratti sono molto lucidi e lasciano intravedere come a volte le cose sarebbero potute andare molto peggio, anche se la loro visione è ovviamente di parte ("You can’t drop a 1-ton bomb in a heavily populated area without 'collateral damage'" e non è difficile capire cosa si intenda qui per 'collateral damage'...).
Un ottimo documentario su una delle organizzazioni che da oltre 40 anni decide le sorti di un angolo di mondo. Un lavoro - voglio specificarlo - assolutamente non speculativo: tutti loro esprimono un desiderio di negoziazione verso i palestinesi, e tutti temono che le possibilità di pace stiano inesorabilmente scivolando via.

How To Survive A Plague racconta gli sforzi di ACT UP e TAG che da anni combattono per trovare una cura per l'AIDS.
Lo dico subito: sì, a tratti è ripetitivo. Per una volta, però, mi sento di appoggiare questo aspetto (che comunque in un documentario è più che consentito) soprattutto perché là fuori è pieno di gente con quattro neuroni e una connessione ADSL che nega l'esistenza di questo flagello. Tipo Beppe Grillo (linko la lettera aperta della LILA perché sappiate chi votate. FYI lui non ha mai risposto).
Torniamo al film: infiltrandosi nell'industria farmaceutica, gli attivisti hanno potuto identificare nuovi farmaci promettenti, spostandoli dai trial clinici alle mani dei pazienti in tempi record. Con inediti filmati d'archivio gli anni '80 e '90, il regista David France ci fa conoscere i membri dell'ACT UP, delle persone che fondono in loro aspetti rivoluzionari, capacità dialettiche e una tenacia degna del miglior avvocato e la rabbia di chi sta subendo un torto e non si fermerà certo a guardare come va a finire.
Vediamo cosa NON ha fatto la ricerca medica pur avendone la possibilità, i lenti passi intrapresi dalle istituzioni politiche e come l'AIDS fosse una condanna a morte solo qualche lustro fa.
Perché la verità è questa: a questa piaga si può sopravvivere.

The Invisible War tratta davvero di una guerra invisibile, segreta, combattuta mentre si è realmente sui campi di battaglia.
Perché se sei un soldato donna nell'esercito statunitense, impegnato in Iraq o in Afghanistan, è più probabile che tu venga violentata da un tuo commilitone che non uccisa dal fuoco nemico. Che cosa simpa, vero?
Il film, oltre alle storie dei soldati, ruota attorno alla copertura sistemica dei crimini e segue la lotta di queste donne per ricostruire la propria vita ed ottenere giustizia. Funzionari militari di alto rango e membri del Congresso rivelano le condizioni di tempesta perfetta che permettono lo stupro e la copertura.
L'apoteosi di una cultura che, sempre più spesso, incolpa la vittima legittimando il carnefice. Ma qui si va oltre: perché il film ci fa scoprire che oltre il 15% dei soldati reclutati ha già alle spalle diverse denunce per stupro e violenza. Così, di base, senza ancora aver ricevuto la tutina mimetica e aver visto i commilitoni donna.
E questa non è neanche la cosa peggiore. No, perché tutto quello che viene detto alle donne è di girare in gruppo (sì, stiamo parlando della base, ovvero quello che in territorio nemico dovrebbe rappresentare casa tua, un posto non dico accogliente, ma quanto meno sicuro) mentre per gli uomini il consiglio è agghiacciante: "WAIT UNTIL SHE’S SOBER". Perché poi la colpa è di lei.
Mi fermo prima di vomitare.

Searching For Sugar Man è un film di cui non so ASSOLUTAMENTE UN CAZZO perché sono mesi che devo vederlo (ha aperto il Sundance) ma per una roba o per l'altra non l'ho ancora visto, quindi niente, vi riporto semplicemente la trama perché sono una consumata professionista. Ah, sìsì, signoramia.
Si racconta l'incredibile storia vera di Rodriguez, colui che poteva essere la più grande icona rock degli anni '70 e invece. Scoperto in un bar di Detroit, due celebri produttori restano colpiti dalle sue melodie soul e dai testi profetici, permettendogli così di registrare un album che avrebbe assicurato fama e ricchezza. Le cose però non vanno come dovrebbero, si parla di un suicidio live sul palco, ma già da un po' mito e realtà si fondono e si confondono.
Parte da qui, il film: dalla volontà di due fan sudafricani che vogliono scoprire cos'è davvero successo al loro eroe. La loro indagine li conduce nella straordinaria storia di un mito ingiustamente dimenticato.
Giuro che lo guardo a breve.

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Edna Von V
Se c'è qualcosa di più importante del mio ego su questa nave, la voglio catturata e fucilata.

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