COS'È: il secondo film di Goro Miyazaki, che immagino abbia subito le peggiori torture giapponesi da tutto lo Studio Ghibli dopo I Racconti di Terramare. Torture che però hanno funzionato. Fino ad un certo punto.
Da queste parti, lo Studio Ghibli e L'Imperatore Miyazaki godono di tanto incondizionato amore quanto Goro detto BracciaStrappateAllAgricoltura è oggetto di odio profondo, dopo il precedente tentativo di seguire le orme del padre.
Per cui no, la visione di La Collina Dei Papaveri non beneficiava di approccio neutrale.
Va detto che i passi avanti sono notevoli ma, nonostante questi, abbiamo la conferma che il talento non è assolutamente un tratto che si trasmette per via ereditaria.
Anzi.
(Ciao Sofia Coppola, se sei all'ascolto, parlo anche con te).
La Collina Dei Papaveri vuole vincere facile: già a partire dalla locandina troviamo, accanto alla sempre impeccabile animazione e grafica Ghibli, uno dei topos più ricorrenti dei manga, ovvero la corsa in bicicletta.
È questo il momento in cui i due protagonisti, dopo i due rocamboleschi incontri iniziali, iniziano a conoscersi e a piacersi ed è questa una delle scene che ci fa sperare nella leggerezza che l'Imperatore ci ha insegnato ad amare.
Oltre a questo, anche ambientazione e tema fanno sembrare questo film più un tutorial che un vero lungometraggio: Goro gira la sua seconda opera col bignamino "Come diventare Hayao" ben stretto nella mano destra.
Ambienta il tutto nel Giappone del 1963, in piena ripresa dopo la guerra di Corea, un anno prima delle Olimpiadi di Tokyo: un periodo storico, quindi, in cui tutto il mondo aveva gli occhi puntati su questa nazione, divisa tra conservazione e rinnovo.
Un'epoca in cui molti ragazzi, come la bella Umi, si ritrovano ad aver perso un genitore da giovanissimi; sono costretti a dover andare avanti senza voler rassegnarsi a questa crudeltà del passato.
La tensione perenne tra modernità e tradizione, tra nuovo e vecchio, tra futuro e passato è, per altro, il tema di fondo del film, la motivazione per cui i due ragazzi protagonisti si conoscono.
Mentre tentano di salvare il Quartier Latin, un edificio storico a rischio di demolizione, scoprono di essere innamorati ma presto Shun capisce anche perché lui e Umi non possono stare insieme.
Una storia leggera che si muove su uno sfondo di drammatico realismo, proprio come ha sempre fatto il padre; a Goro però manca il tocco magico, quello da più di vent'anni incanta tutto il mondo, quello che ci fa tremare il cuore ed annebbiare la vista dalle lacrime.
Siamo lontani dal disastro di Terramare, questo va detto, ma siamo anche ben distanti dalla poetica del padre: i momenti-dettaglio, tutti quei piccoli gioiellini di Hayao che apparentemente non sono strettamente legati alla trama ma che riescono a dirci molto sui personaggi e il loro mondo, qui sono abbozzati tentativi più vicini alla noia e alla bellezza fine a se stessa.
La perfetta gestione tra corsa e riposo quindi è quasi assente, anche se la sceneggiatura è molto solida e compensa i vari momenti deboli (e infatti l'ha scritta Nostro Signore Dell'Animazione).
In altre parole, con La Collina Dei Papaveri si recupera il terreno perso con Terramare: da qui aspettiamo il primo vero film di Goro, un film un po' più coraggioso e magari un po' più magico.
E Goro, tieni presente che siamo anche disposti a piangere: prova a parlare con Isao Takahata (è quello lì, sempre vicino al tuo babbo).
Non arriverai mai (rassegnati, MAI) al livello di Una Tomba Per Le Lucciole, ma è una strada ottima per incanalare tutto quello che volevi dire con Terramare.
Pensaci.
E se hai bisogno chiama, per dio, non far tutto da solo.
GUARDALO SE:
anche tu vuoi smettere di insultare Goro, che dai, poverino. Tanto possiamo fare comunque la battuta delle braccia strappate all'agricoltura, visto che laureato in agricoltura.
ami i disegni e le musiche dello Studio Ghibli
EVITA SE:
non riesci a capire il mondo dell'animazione giapponese: potresti annoiarti parecchio
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Da queste parti, lo Studio Ghibli e L'Imperatore Miyazaki godono di tanto incondizionato amore quanto Goro detto BracciaStrappateAllAgricoltura è oggetto di odio profondo, dopo il precedente tentativo di seguire le orme del padre.
Per cui no, la visione di La Collina Dei Papaveri non beneficiava di approccio neutrale.
Va detto che i passi avanti sono notevoli ma, nonostante questi, abbiamo la conferma che il talento non è assolutamente un tratto che si trasmette per via ereditaria.
Anzi.
(Ciao Sofia Coppola, se sei all'ascolto, parlo anche con te).
La Collina Dei Papaveri vuole vincere facile: già a partire dalla locandina troviamo, accanto alla sempre impeccabile animazione e grafica Ghibli, uno dei topos più ricorrenti dei manga, ovvero la corsa in bicicletta.
È questo il momento in cui i due protagonisti, dopo i due rocamboleschi incontri iniziali, iniziano a conoscersi e a piacersi ed è questa una delle scene che ci fa sperare nella leggerezza che l'Imperatore ci ha insegnato ad amare.
Oltre a questo, anche ambientazione e tema fanno sembrare questo film più un tutorial che un vero lungometraggio: Goro gira la sua seconda opera col bignamino "Come diventare Hayao" ben stretto nella mano destra.
Ambienta il tutto nel Giappone del 1963, in piena ripresa dopo la guerra di Corea, un anno prima delle Olimpiadi di Tokyo: un periodo storico, quindi, in cui tutto il mondo aveva gli occhi puntati su questa nazione, divisa tra conservazione e rinnovo.
Un'epoca in cui molti ragazzi, come la bella Umi, si ritrovano ad aver perso un genitore da giovanissimi; sono costretti a dover andare avanti senza voler rassegnarsi a questa crudeltà del passato.
La tensione perenne tra modernità e tradizione, tra nuovo e vecchio, tra futuro e passato è, per altro, il tema di fondo del film, la motivazione per cui i due ragazzi protagonisti si conoscono.
Mentre tentano di salvare il Quartier Latin, un edificio storico a rischio di demolizione, scoprono di essere innamorati ma presto Shun capisce anche perché lui e Umi non possono stare insieme.
Una storia leggera che si muove su uno sfondo di drammatico realismo, proprio come ha sempre fatto il padre; a Goro però manca il tocco magico, quello da più di vent'anni incanta tutto il mondo, quello che ci fa tremare il cuore ed annebbiare la vista dalle lacrime.
Siamo lontani dal disastro di Terramare, questo va detto, ma siamo anche ben distanti dalla poetica del padre: i momenti-dettaglio, tutti quei piccoli gioiellini di Hayao che apparentemente non sono strettamente legati alla trama ma che riescono a dirci molto sui personaggi e il loro mondo, qui sono abbozzati tentativi più vicini alla noia e alla bellezza fine a se stessa.
La perfetta gestione tra corsa e riposo quindi è quasi assente, anche se la sceneggiatura è molto solida e compensa i vari momenti deboli (e infatti l'ha scritta Nostro Signore Dell'Animazione).
In altre parole, con La Collina Dei Papaveri si recupera il terreno perso con Terramare: da qui aspettiamo il primo vero film di Goro, un film un po' più coraggioso e magari un po' più magico.
E Goro, tieni presente che siamo anche disposti a piangere: prova a parlare con Isao Takahata (è quello lì, sempre vicino al tuo babbo).

Pensaci.
E se hai bisogno chiama, per dio, non far tutto da solo.
GUARDALO SE:
anche tu vuoi smettere di insultare Goro, che dai, poverino. Tanto possiamo fare comunque la battuta delle braccia strappate all'agricoltura, visto che laureato in agricoltura.
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Edna Von V
Se c'è qualcosa di più importante del mio ego su questa nave, la voglio catturata e fucilata.
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