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Oh, mi son presa talmente bene a scrivere quelle due (mila) righe sul cinema indiano (lo so, mi diverto con poco, non dite nulla) che quasi quasi ne spendo altrettante su un cinema ben più conosciuto ma comunque interessantissimo: quello coreano.

La spiega della spiega è d'obbligo anche qui: sì, è vero, iniziamo a vedere film coreani in sala e non solo ai festival, ma quali film?
Accanto a Pietà troviamo anche roba evitabilissima tipo Leafie, ovvero un'animazione su una gallina che fugge da un pollaio (roBBa nuova, raga) e - ve lo anticipo io che ce l'ho sulla scrivania da un pezzo - Spotty, una specie di b-movie per bambini che vedremo nel 2013 e che tratta della vita di una razza inventata di dinosauri: la narrazione è affidata alla voce-pensiero del cucciolo di dinosauro che si vede prima sterminare la famiglia e poi trova l'amore e poi glielo ammazzano davanti agli occhi e poi lotta finale con dinosauro crudele.
Ah sì, spoiler, scusate.
Imperdibile, vero?
Io sto imprecando da un mese e mezzo e su 'sta roba non ci voglio lavorare manco se mi raddoppiano lo stipendio.

Ok, partiamo con la solita definizione: "cinema coreano" tecnicamente comprende le produzioni sia della Corea Del Nord che della Corea Del Sud.
In realtà, comunemente i film che vediamo vengono dalla Corea Del Sud, che dopo un periodo di "letargo" e "sottostima" ora si è ripresa e produce un casino.
Non che la Corea Del Nord sia da meno, ma tranne un recente caso di una commedia su un'adolescente (legatissimo comunque alla filosofia Juche), questo cinema è molto impegnato socialmente e politicamente ed è correlato al paese: trova così poco mercato estero ed è di difficile comprensione per chi non ha ben chiara la storie e le problematiche di questo stato.
E per rispondere alla domanda latente (fingete di avere una domanda latente, please), la risposta è NO: non si parla di cosa succede lì al confine e si accenna pochissimo alla guerra tra le due Coree. Si tratta di un tema caldissimo e sensibile ma è ancora un tabù, quindi niente, tuttappo', che confine?
La storia di quella penisola, comunque, è rilevante anche per altri due motivi:
1. Praticamente non esistono copie integre di film realizzati prima del 1945 e anche la filmografia dal '45 al '55 è scarsissima. Vanno spiegati i motivi? Diciamo che son stati anni bellici.
2. Il controllo politico sul territorio (prima sotto il Giappone; poi con l'autonomia) e l'impermeabilità alle influenze esterne - campo in cui la Cina è regina indiscussa - hanno creato una serie di accorgimenti che hanno influito moltissimo sullo sviluppo del cinema interno: uno su tutti, negli anni '60 le sale dovevano dedicare 146 giorni l'anno al cinema coreano. Ad oggi, il limite è stato abbassato a 73, ma rimane.

Questo è solo uno dei tanti esempi (a cui magari dedico un altro post, altrimenti non ne esco viva) che confermano come il cinema svolga la stessa funzione che nell'800 era del romanzo: istruire e/o indottrinare le masse.
Il cinema nord-coreano ha ben chiara questa forza, tanto che il "caro leader" Kim Jong-il, oltre ad essere un grande appassionato di cinema, ha anche scritto un saggio sulla settima arte (quasi un manuale sulle linee guida che il cinema doveva seguire. La cosa divertentissima è che nessuno ce l'ha mai fatta quindi lui ha fatto rapire il sudcoreano Shin Sang-ok per creare una filmografia approved di propaganda; non è una storia meravigliosa? Un giorno ve la racconto bene) e si occupava personalmente dell'approvazione o meno dei film, che ovviamente dovevano tutti appoggiare l'idea Juche, ovvero la disciplina alla base di questa dittatura: più o meno, un marxismo intriso di confucianesimo e con un bel po' di contraddizioni ad insaporire il tutto.
Tra l'altro, pare anche che Kim Jong-il amasse particolarmente i film americani, soprattutto quelli a cui non permetteva l'accesso nel proprio paese: conoscere il proprio nemico è fondamentale per neutralizzarlo, ma mica è vietato apprezzarlo nel frattempo, no?
Io ce lo vedo ad approvare comunicati nazionalisti ad autarchici nel pomeriggio e a saltare sul divano la sera mentre guarda Rambo, felice come un bimbo non nord-coreano.

Più a sud, invece, se la passano meglio, soprattutto dagli anni '80 in poi, con la fine della censura politica: chi non ha visto Old Boy? O Lady Vendetta? Nessuno.
Il cinema sudcoreano postcensura è caratterizzato da una grandissima forza espressiva: il rigore ed il "pudore" orientale vanno a nozze con una volontà di shockare e trasgredire. Spesso senza l'utilizzo di scene splatter (che comunque non mancano, sia chiaro): è un cinema che scuote la morale e la realtà delle cose per come la conosciamo, soprattutto se dimentichiamo come le filosofie orientali contrastino spesso la "pornografia" dei sentimenti.
Chiunque abbia un minimo di familiarità con questo mondo, trova ripugnante l'attuale produzione italiana, fatta solo di amori volgari, crisi urlate, drammi stracciavesti e nessun senso estetico.
Il cinema sudcoreano è disincanto poetico: se non avete visto alcun film di questo paese, questa frase non vi dirà assolutamente nulla, ma credo che sia fondamentalmente corretta. Per lo meno, non trovo altre definizioni.
Si tratta dell'ultimo baluardo contro l'invasione di blockbuster grandi, grossi, rumorosi e spettacolari; contro film "not great, just awesome"; contro la didascalia e gli spiegoni a tutti i costi.
La diffusione di questi lungometraggi fuori dai confini nazionali è sicuramente da imputare ai festival, prima generici come Venezia e poi specialistici come il Far East Festival, che hanno permesso la conoscenza di questo mondo ad una massa critica. Da qui all'arrivo in sala non è passato poi troppo, diciamo un paio di lustri.
Certo, non stiamo parlando di distribuzioni in 600 copie come accade per i cinepanettoni o per Twilight, ma visti i tempi che corrono, ogni film coreano distribuito sopra le 70 copie è come una giornata di sole in un gelido inverno.
In Italia, è principalmente la Tucker Film (strettamente legata al Far East Festival, quindi a tutto il cinema orientale, non sono coreano) a farsi carico del'ingrato compito, e per questo non la ringrazieremo mai abbastanza: vedere Poetry in un cinema italiano mi ha commosso quasi fino alle lacrime, non ci potevo credere, non dopo che abbiamo lisciamo Mother.
Tornando alla Corea Del Sud, grazie alla popolarità che gode in questo momento, lentamente stiamo riscoprendo anche capolavori della Golden Age, ovvero le produzioni degli anni '50 e '60, in grado anche di farci dimenticare le bassezze toccate durante il decennio successivo, a causa dell'eccessiva censura politica.

Per limitare la lunghezza di questo post, di seguito una lista assolutamente non esaustiva di film che andrebbero visti:
- Thirst e la Trilogia Della Vendetta (Mr. Vendetta + Old Boy + Lady Vendetta) di Chan-wook Park
- Bad Guy, L'Isola, Ferro 3 e Pietà di Kim Ki-duk
- I Saw The Devil, Il Buono Il Matto E Il Cattivo e Bitter Sweetlife di Ji-woon Kim
- Mother di Joon-ho Bong
- Peppermint Candy, Oasis e Secret Sunshine di Chang-dong Lee

Partite da questi, poi vedete il resto della filmografia dei registi citati e poi siete pronti per essere delle persone migliori.

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Edna Von V
Se c'è qualcosa di più importante del mio ego su questa nave, la voglio catturata e fucilata.

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