La notizia è ormai ufficiale: nel 2016 torna Twin Peaks.
L'importanza della news è ovviamente di portata mondiale: Twin Peaks è un capolavoro che ha cambiato noi e la tv, quindi sì, andiamoci piano con i seguiti, ma santiddio quanto aspettavamo questo sequel.
Io voglio sperare che chiunque sopra i 12 anni abbia visto questo capolavoro, ma qualora non sia così, fatemi spiegare perché dovreste finire di leggere questo post e fiondarvi a comprare il cofanetto.
Nel 1990 il mondo delle serie tv è stato rivoluzionato dall'opera di David Lynch, maestro indiscusso del grande schermo e regista che forse nessuno immaginava potesse sedere dietro la macchina da presa del piccolo schermo.
La serie ottiene immediatamente un grande successo, diventando ben presto un cult globale e una pietra miliare della popular culture.
Ma cos'è che rende Twin Peaks un prodotto così originale? Il primo fattore è proprio lui: Lynch, l'unico in grado di utilizzare il linguaggio televisivo senza tradire il proprio stile. Il risultato è una roba onirica, delirante, postmoderna e ibrida.
Sì, perché Twin Peaks è contemporaneamente un drama, un mistery, una comedy surreale, un romance e una soap.
Lynch che fa le soap? Sì: manipolando il linguaggio televisivo senza rimanerne schiavo, crea un racconto stratificato e multiforme.
Molto di ciò che vediamo ora (soprattutto i prodotti migliori come I Sopranos, House, House Of Cards...) sono il frutto della volontà di Lynch e Frost di svecchiare il mezzo televisivo: partendo da una modalità di rappresentazione basata sul naturalismo, sulla linearità narrativa e sull’aderenza a uno specifico genere, i due autori tradiscono punto per punto questo format e inaugurano un nuovo tipo di serial televisivo che si presenta, da subito, come perfetta finzione, metatesto, dialogo aperto con lo spettatore.
Questa forse è la maggiore rivoluzione di Twin Peaks: man mano che lo spettacolo procede, lo spettatore capisce che risolvere il crimine è secondario.
L'importante è dare un senso e collegare tutte le informazioni visive che abbiamo e che, inizialmente, ci sembrano prive di nessi logici.
Per la prima volta cinema e tv si uniscono; per la prima volta la tv non è un media secondario e poco nobile.
E come primo tentativo è ottimo, ma la confusione creata nella produzione ha portato al rapido declino della serie tv: originariamente concepita come una miniserie da otto episodi, la ABC (sì, la ABC) odora il successo e ordina una seconda stagione più canonica, cioè 20 episodi in formato seriale cambiando anche la messa in onda (da domenica si passa a sabato sera).
Il fallimento è rapido quasi quanto il successo, ma non è della politica economica della ABC che voglio parlare.
Torniamo all'analisi.
Sin dal primo episodio, la serie prende la forma narrativa di una soap opera, incrociano diverse storie: un'indagine della polizia, la proprietà della segheria, le storie d'amore di Donna e James, il traffico di droga Leo Johnson, ecc... La struttura varia da prima a seconda stagione, ma la falsariga lynchiana rimane.
Per quanto riguarda l'organizzazione semantica, la serie si basa sulla contrapposizione tra un mondo innocente e uno oscuro, perverso.
Questa grande opposizione tematica è rappresentata anche da una opposizione di spazi e attori:
la città di Twin Peaks e dei suoi abitanti vs The Black Lodge e BOB.
La serie ha in questo senso si basa su un'assiologia estremamente classica che sviluppa in ogni singolo fotogramma, su qualunque piano esistente: l'innocenza contro il male, la luce contro il buio, la bellezza contro la violenza e la deformità.
Queste sono le costanti di Lynch che danno il tono stabile, tipico della serie tv, nonostante i cambiamenti della forma narrativa insiti in una soap.
LA PRIMA STAGIONE
Durante la prima stagione, la prevaricazione del romanzo poliziesco sulle altre linee narrative è molto marcata.
Degli otto episodi, sei (i primi quattro e gli ultimi due) terminano con un cliffhanger relativo a questo arco narrativo. Tuttavia, in questa stagione non scopriamo chi sia il colpevole, evitando così una chiusura canonica: è assolutamente presente, però, una logica di orientamento e di narrativa.
Per questo senso, anche senza la grande rivelazione che aspettavamo, si ha l'impressione che la ricerca sia avanzata e che non siamo lontani dal sapere chi ha ucciso Laura Palmer.
LA SECONDA STAGIONE
La seconda stagione di Twin Peaks consta in venti episodi e ha avuto un rilascio più irregolare e complicato, dovuto alla programmazione diversa e alle calanti valutazioni.
Ma non è tutto.
Tra le molte differenze che possiamo identificare, dobbiamo iniziare con la più palese: l'ingresso nello spazio diegetico del fantastico. Niente dei primi otto episodi si avvicinava a questo tema e nessun elemento diegetico (ad eccezione delle due visioni di Sarah Palmer) lasciava presagire tale sviluppo.
Sì, la scena finale dell'episodio 3 (nano, stanza rossa, ci siamo?) è l'unico segmento particolarmente inquietante della prima stagione, ma non rientrano nello spazio diegetico del fantastico perché si verificano nel sogno di Cooper: siamo ancora in un universo piuttosto realistico.
All'inizio del primo episodio della seconda stagione, però, Cooper riceve parecchi indizi criptici sul caso da un gigante: il sovrannaturale entra in gioco in maniera credibile quanto inaspettata e l'intera serie cambia orientamento.
Non ci sarà più grande arco narrativo a fare la filo conduttore ma tantissime brevi storie intrecciate, nello specifico:
Episodi 1-5 -> focus: il rapimento di Audrey Horne
Episodi 6-9 -> focus: l'identità dell'assassino di Laura Palmer
Episodi 10-13 -> focus: il complotto di Jean Renault contro Dale Cooper
Episodi 14-22 -> focus: il complotto di Windom Earle contro Dale Cooper e la ricerca della Black Lodge
Tutti questi archi narrativi hanno sì una fine, ma servono principalmente per innescare la linea successiva, in un crescendo continuo che ci lascia senza fiato.
Ecco: io mi aspetto la stessa identica cosa nel 2016.
Vedete un po' voi, come farlo.
Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su XCondividi su Facebook
L'importanza della news è ovviamente di portata mondiale: Twin Peaks è un capolavoro che ha cambiato noi e la tv, quindi sì, andiamoci piano con i seguiti, ma santiddio quanto aspettavamo questo sequel.
Io voglio sperare che chiunque sopra i 12 anni abbia visto questo capolavoro, ma qualora non sia così, fatemi spiegare perché dovreste finire di leggere questo post e fiondarvi a comprare il cofanetto.
Nel 1990 il mondo delle serie tv è stato rivoluzionato dall'opera di David Lynch, maestro indiscusso del grande schermo e regista che forse nessuno immaginava potesse sedere dietro la macchina da presa del piccolo schermo.
La serie ottiene immediatamente un grande successo, diventando ben presto un cult globale e una pietra miliare della popular culture.
Ma cos'è che rende Twin Peaks un prodotto così originale? Il primo fattore è proprio lui: Lynch, l'unico in grado di utilizzare il linguaggio televisivo senza tradire il proprio stile. Il risultato è una roba onirica, delirante, postmoderna e ibrida.
Sì, perché Twin Peaks è contemporaneamente un drama, un mistery, una comedy surreale, un romance e una soap.
Lynch che fa le soap? Sì: manipolando il linguaggio televisivo senza rimanerne schiavo, crea un racconto stratificato e multiforme.
Molto di ciò che vediamo ora (soprattutto i prodotti migliori come I Sopranos, House, House Of Cards...) sono il frutto della volontà di Lynch e Frost di svecchiare il mezzo televisivo: partendo da una modalità di rappresentazione basata sul naturalismo, sulla linearità narrativa e sull’aderenza a uno specifico genere, i due autori tradiscono punto per punto questo format e inaugurano un nuovo tipo di serial televisivo che si presenta, da subito, come perfetta finzione, metatesto, dialogo aperto con lo spettatore.
Questa forse è la maggiore rivoluzione di Twin Peaks: man mano che lo spettacolo procede, lo spettatore capisce che risolvere il crimine è secondario.
L'importante è dare un senso e collegare tutte le informazioni visive che abbiamo e che, inizialmente, ci sembrano prive di nessi logici.
Per la prima volta cinema e tv si uniscono; per la prima volta la tv non è un media secondario e poco nobile.
E come primo tentativo è ottimo, ma la confusione creata nella produzione ha portato al rapido declino della serie tv: originariamente concepita come una miniserie da otto episodi, la ABC (sì, la ABC) odora il successo e ordina una seconda stagione più canonica, cioè 20 episodi in formato seriale cambiando anche la messa in onda (da domenica si passa a sabato sera).
Il fallimento è rapido quasi quanto il successo, ma non è della politica economica della ABC che voglio parlare.
Torniamo all'analisi.
Sin dal primo episodio, la serie prende la forma narrativa di una soap opera, incrociano diverse storie: un'indagine della polizia, la proprietà della segheria, le storie d'amore di Donna e James, il traffico di droga Leo Johnson, ecc... La struttura varia da prima a seconda stagione, ma la falsariga lynchiana rimane.
Per quanto riguarda l'organizzazione semantica, la serie si basa sulla contrapposizione tra un mondo innocente e uno oscuro, perverso.
Questa grande opposizione tematica è rappresentata anche da una opposizione di spazi e attori:
la città di Twin Peaks e dei suoi abitanti vs The Black Lodge e BOB.
La serie ha in questo senso si basa su un'assiologia estremamente classica che sviluppa in ogni singolo fotogramma, su qualunque piano esistente: l'innocenza contro il male, la luce contro il buio, la bellezza contro la violenza e la deformità.
Queste sono le costanti di Lynch che danno il tono stabile, tipico della serie tv, nonostante i cambiamenti della forma narrativa insiti in una soap.
LA PRIMA STAGIONE
Durante la prima stagione, la prevaricazione del romanzo poliziesco sulle altre linee narrative è molto marcata.
Degli otto episodi, sei (i primi quattro e gli ultimi due) terminano con un cliffhanger relativo a questo arco narrativo. Tuttavia, in questa stagione non scopriamo chi sia il colpevole, evitando così una chiusura canonica: è assolutamente presente, però, una logica di orientamento e di narrativa.
Per questo senso, anche senza la grande rivelazione che aspettavamo, si ha l'impressione che la ricerca sia avanzata e che non siamo lontani dal sapere chi ha ucciso Laura Palmer.
LA SECONDA STAGIONE
La seconda stagione di Twin Peaks consta in venti episodi e ha avuto un rilascio più irregolare e complicato, dovuto alla programmazione diversa e alle calanti valutazioni.
Ma non è tutto.
Tra le molte differenze che possiamo identificare, dobbiamo iniziare con la più palese: l'ingresso nello spazio diegetico del fantastico. Niente dei primi otto episodi si avvicinava a questo tema e nessun elemento diegetico (ad eccezione delle due visioni di Sarah Palmer) lasciava presagire tale sviluppo.
Sì, la scena finale dell'episodio 3 (nano, stanza rossa, ci siamo?) è l'unico segmento particolarmente inquietante della prima stagione, ma non rientrano nello spazio diegetico del fantastico perché si verificano nel sogno di Cooper: siamo ancora in un universo piuttosto realistico.
All'inizio del primo episodio della seconda stagione, però, Cooper riceve parecchi indizi criptici sul caso da un gigante: il sovrannaturale entra in gioco in maniera credibile quanto inaspettata e l'intera serie cambia orientamento.
Non ci sarà più grande arco narrativo a fare la filo conduttore ma tantissime brevi storie intrecciate, nello specifico:
Episodi 1-5 -> focus: il rapimento di Audrey Horne
Episodi 6-9 -> focus: l'identità dell'assassino di Laura Palmer
Episodi 10-13 -> focus: il complotto di Jean Renault contro Dale Cooper
Episodi 14-22 -> focus: il complotto di Windom Earle contro Dale Cooper e la ricerca della Black Lodge
Tutti questi archi narrativi hanno sì una fine, ma servono principalmente per innescare la linea successiva, in un crescendo continuo che ci lascia senza fiato.
Ecco: io mi aspetto la stessa identica cosa nel 2016.
Vedete un po' voi, come farlo.
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Edna Von V
Se c'è qualcosa di più importante del mio ego su questa nave, la voglio catturata e fucilata.
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