COS'È: uno degli episodi speciali del Dottore, quello per i 50 anni.
Non so cosa il resto del mondo si aspettasse da questo episodio.
Sicuramente sono stati 80 minuti divertenti ed emozionanti, ma ciccia?
Pochetta.
Come ogni qual volta si riempie un film o una puntata solo ed esclusivamente di citazioni: finisce che ti dimentichi di scrivere una storia.
La pecca principare di The Day Of The Doctor è questa: doveva avere un core narrativo più forte, invece fa quello che potrebbe fare una puntata qualunque inserita all'interno della regular season.
Se non ci siamo annoiati è grazie ad un altro aspetto: questa puntata è una riflessione sul Dottore, sul cosa significa e cosa comporta esserlo, nel grande schema delle cose.
Un arazzo di vite e caratteri in un tripudio spettacolare di fez, cacciaviti e TARDIS più o meno rovinati.
È la storia del Dottore in tempo di guerra, della morte del classico e dell'antico, della nascita del nuovo; la storia di come la spaccatura lasciata da quella cancellazione può guarire, di come quella ferita che conta 2,47 miliardi di innocenti può finalmente chiudersi.
L'assenza di Christopher Eccleston si sente come un'ombra scura che attraversa ogni fotogramma. Tutto ciò che resta dell'attore che ha riportato in auge il Dottore, che ha convinto tutti noi che si trattava di una produzione seria e degna di nota è una breve clippina da The Parting Of The Ways e la frase di John Hurt ('I do hope he’s a little less conspicuous').
Certo, l'assenza di Eccleston non era segreta, ma comunque rende monca questa puntata: troppi aneddoti di cui non si può parlare, troppi buchi che solo lui avrebbe potuto colmare, troppe battute mancate.
Anche per questo The Day Of The Doctor è un po' strano, ma se dobbiamo puntare il dito, dobbiamo farlo contro Moffat: mirabile la voglia di continuità e la volontà di raccontare gli ultimi giorni di Gallifrey durante la guerra, ma Russell T. Davies l'aveva già fatto che in The End of Time. Solo che stavolta non c'è nemmeno Timothy Dalton, ma ovviamente i riferimenti a ciò che abbiamo già visto non ne tengono conto, rendendo il tutto ancora più contorto ed insensato.
Insomma, l'assenza di Eccly ha spinto la produzione ha puntare sul Dottore Della Guerra (con un mirabile gioco di parole in merito a Hurt), pasticciando un po' troppo - per i miei gusti - sulla caratterizzazione dei personaggi e facendo, involontariamente, passare il messaggio che l'unico non perdonato resta The Ninth.
E considerato che l'intero episodio verteva sull'assoluzione...
Migliore esito ha invece la riscrittura del Dottore in chiave salvatore: non solo si inserisce brillantemente nelle linee temporali del Tenth e dell'Eleventh Doctor, ma permette anche agli spettatori occasionali (aka tutti voi, e io vi odio) di riabbracciare il personaggio e di alienarsi da una mitologia davvero troppo troppo densa.
Insomma: un'ottima mossa semplificatrice per la prossima stagione.
I fan di lunga data (che non siete voi e io vi odio), invece, troveranno appropriata la relazione tra serie classica e la rinascita.
The Moment serve da consapevole rottura tra lo spettacolo classico ed il suo successore spirituale
(un breve elenco di frasi notevoli da questo punto di vista:
"Are you his companions? They get younger all the time"
"Am I having a mid-life crisis?"
"What is it that makes you so ashamed of being a grown-up?";
il "wibbly wobbly timey wimey" detto da un Hurt stupito di se stesso;
la parte dei cacciavite come pistole da acqua.)
I fan di lunga data avranno dato anche la corretta lettura alla frase di Bad Wolf 'Same software, different case', riferita non solo al cacciavite, non solo al Dottore, ma alla serie tv tutta.
Perché non è un mistero che la scatola sia cambiata: l'importante è che l'interno sia sempre coerente e coeso.
Tutto sommato, però, la puntata presenta anche alcuni punti estremamente degni di nota, il cui merito va in toto a Moffat (evito gli spoiler ma mi riferisco al modo in cui umani e Zygons si intendono): per altro, è anche una non troppo velata critica alla serie classica ed inserire un tema simile nello speciale - notoriamente una celebrazione per ricordare a se stessi quanto sobbravi - è un'azione così coraggiosa da cancellare tutte le precedenti mosse sbagliate.
Perché è esattamente ciò che succede qui.
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Non so cosa il resto del mondo si aspettasse da questo episodio.
Sicuramente sono stati 80 minuti divertenti ed emozionanti, ma ciccia?
Pochetta.
Come ogni qual volta si riempie un film o una puntata solo ed esclusivamente di citazioni: finisce che ti dimentichi di scrivere una storia.
La pecca principare di The Day Of The Doctor è questa: doveva avere un core narrativo più forte, invece fa quello che potrebbe fare una puntata qualunque inserita all'interno della regular season.
Se non ci siamo annoiati è grazie ad un altro aspetto: questa puntata è una riflessione sul Dottore, sul cosa significa e cosa comporta esserlo, nel grande schema delle cose.
Un arazzo di vite e caratteri in un tripudio spettacolare di fez, cacciaviti e TARDIS più o meno rovinati.
È la storia del Dottore in tempo di guerra, della morte del classico e dell'antico, della nascita del nuovo; la storia di come la spaccatura lasciata da quella cancellazione può guarire, di come quella ferita che conta 2,47 miliardi di innocenti può finalmente chiudersi.
L'assenza di Christopher Eccleston si sente come un'ombra scura che attraversa ogni fotogramma. Tutto ciò che resta dell'attore che ha riportato in auge il Dottore, che ha convinto tutti noi che si trattava di una produzione seria e degna di nota è una breve clippina da The Parting Of The Ways e la frase di John Hurt ('I do hope he’s a little less conspicuous').
Certo, l'assenza di Eccleston non era segreta, ma comunque rende monca questa puntata: troppi aneddoti di cui non si può parlare, troppi buchi che solo lui avrebbe potuto colmare, troppe battute mancate.
Anche per questo The Day Of The Doctor è un po' strano, ma se dobbiamo puntare il dito, dobbiamo farlo contro Moffat: mirabile la voglia di continuità e la volontà di raccontare gli ultimi giorni di Gallifrey durante la guerra, ma Russell T. Davies l'aveva già fatto che in The End of Time. Solo che stavolta non c'è nemmeno Timothy Dalton, ma ovviamente i riferimenti a ciò che abbiamo già visto non ne tengono conto, rendendo il tutto ancora più contorto ed insensato.
Insomma, l'assenza di Eccly ha spinto la produzione ha puntare sul Dottore Della Guerra (con un mirabile gioco di parole in merito a Hurt), pasticciando un po' troppo - per i miei gusti - sulla caratterizzazione dei personaggi e facendo, involontariamente, passare il messaggio che l'unico non perdonato resta The Ninth.
E considerato che l'intero episodio verteva sull'assoluzione...
Migliore esito ha invece la riscrittura del Dottore in chiave salvatore: non solo si inserisce brillantemente nelle linee temporali del Tenth e dell'Eleventh Doctor, ma permette anche agli spettatori occasionali (aka tutti voi, e io vi odio) di riabbracciare il personaggio e di alienarsi da una mitologia davvero troppo troppo densa.
Insomma: un'ottima mossa semplificatrice per la prossima stagione.
I fan di lunga data (che non siete voi e io vi odio), invece, troveranno appropriata la relazione tra serie classica e la rinascita.
The Moment serve da consapevole rottura tra lo spettacolo classico ed il suo successore spirituale
(un breve elenco di frasi notevoli da questo punto di vista:
"Are you his companions? They get younger all the time"
"Am I having a mid-life crisis?"
"What is it that makes you so ashamed of being a grown-up?";
il "wibbly wobbly timey wimey" detto da un Hurt stupito di se stesso;
la parte dei cacciavite come pistole da acqua.)
I fan di lunga data avranno dato anche la corretta lettura alla frase di Bad Wolf 'Same software, different case', riferita non solo al cacciavite, non solo al Dottore, ma alla serie tv tutta.
Perché non è un mistero che la scatola sia cambiata: l'importante è che l'interno sia sempre coerente e coeso.
Tutto sommato, però, la puntata presenta anche alcuni punti estremamente degni di nota, il cui merito va in toto a Moffat (evito gli spoiler ma mi riferisco al modo in cui umani e Zygons si intendono): per altro, è anche una non troppo velata critica alla serie classica ed inserire un tema simile nello speciale - notoriamente una celebrazione per ricordare a se stessi quanto sobbravi - è un'azione così coraggiosa da cancellare tutte le precedenti mosse sbagliate.
Perché è esattamente ciò che succede qui.
"At last I know where I’m going: where I’ve always been going. Home. The long way round".Sì: c'ha messo otto anni, ma il Dottore finalmente è a casa. Quella vera. Quella originale.
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Edna Von V
Se c'è qualcosa di più importante del mio ego su questa nave, la voglio catturata e fucilata.
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