COS'È: il film che mi ha convinto ad investire tutti i miei risparmi in una fornitura eterna di supporti con teste mobili da consegnare a tutta Hollywood.
Capisco di trovarmi di fronte ad un bel film quando non riesco più a seguire montaggio ed inquadrature e mi faccio totalmente rapire da quello che avviene sullo schermo.
Dopo un inizio letteralmente imbarazzante (sul serio: i primi cinque minuti sembrano girati dal figlio seienne di Tom Hanks con uno dei primi cellulari con fotocamera), Greengrass come al suo solito sceglie di girare con camera a spalla, ma opta per un investimento saggio: tutto quello che ha risparmiato tagliando sui supporti, l'ha dato a sceneggiatori e montatori.
E per quanto la shakycam mi faccia vomitare (preparatevi al mal di mare), devo ammettere che lo stacco da un'inquadratura storta all'altra è estremamente ritmato e perfetto per la narrazione tesa che ci aspetta.
I personaggi sono tutti tracciati alla perfezione, grazie a dettagli più o meno palesi:
il leader di lingua inglese dei pirati, per esempio, è Muse e Greengrass si occupa di mostrare le condizioni disperate di vita dei somali così come le loro opzioni limitate. Se non tornano con un sacco di soldi, qualche signore della guerra probabilmente prenderà la loro vita: così il ritratto di Muse è quello di una persona spaventosa ma disperata. Crudele, ma con un perché.
Una menzione particolare, poi, va ad Hanks che, grazie ad una delle sue migliori interpretazioni, rende alla perfezione la profondità di un uomo comune, con paure comuni (il dialogo iniziale sul futuro dei figli è quanto di più quotidiano possa esistere) alle prese con una situazione che richiederebbe la presenza di un supereroe.
Cosa che lui NON è. Ma neanche per un secondo, eh.
I momenti da togliere il fiato sono diversi ed è troppo facile piazzarli tutti sul finale.
Qui, invece, oltre ad una chiusura al cardiopalma, ci imbattiamo in più di un momento emozionante il cui apice massimo è rappresentato, a mio avviso, da tutto ciò che accade in sala comando e in sala macchine (che non riporterò per evitare spoiler).
Il film si apre su una delle più ampie tele immaginabili - in mare aperto - per chiudersi poi su una nave enorme prima di essere trascinato nei confini claustrofobici della scialuppa di salvataggio.
Dopo tanti film sui supereroi, Captain Philips è la dedica di tutti noi alla forza dell'uomo comune che non cerca di essere eroico ed indomito: prova solo a sopravvivere.
E comunque, 'sta cazzo di macchina da presa si poteva pure tenere ferma e non avrebbe tolto nulla al film.
Basta, dovevo dirlo.
GUARDALO SE:
vuoi goderti un bel thriller serio in mare aperto
EVITA SE:
odi più di me la shakycam
preferisci atti supereroistici alla quotidianità
Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su XCondividi su Facebook
Capisco di trovarmi di fronte ad un bel film quando non riesco più a seguire montaggio ed inquadrature e mi faccio totalmente rapire da quello che avviene sullo schermo.
Dopo un inizio letteralmente imbarazzante (sul serio: i primi cinque minuti sembrano girati dal figlio seienne di Tom Hanks con uno dei primi cellulari con fotocamera), Greengrass come al suo solito sceglie di girare con camera a spalla, ma opta per un investimento saggio: tutto quello che ha risparmiato tagliando sui supporti, l'ha dato a sceneggiatori e montatori.
E per quanto la shakycam mi faccia vomitare (preparatevi al mal di mare), devo ammettere che lo stacco da un'inquadratura storta all'altra è estremamente ritmato e perfetto per la narrazione tesa che ci aspetta.
I personaggi sono tutti tracciati alla perfezione, grazie a dettagli più o meno palesi:
il leader di lingua inglese dei pirati, per esempio, è Muse e Greengrass si occupa di mostrare le condizioni disperate di vita dei somali così come le loro opzioni limitate. Se non tornano con un sacco di soldi, qualche signore della guerra probabilmente prenderà la loro vita: così il ritratto di Muse è quello di una persona spaventosa ma disperata. Crudele, ma con un perché.
Una menzione particolare, poi, va ad Hanks che, grazie ad una delle sue migliori interpretazioni, rende alla perfezione la profondità di un uomo comune, con paure comuni (il dialogo iniziale sul futuro dei figli è quanto di più quotidiano possa esistere) alle prese con una situazione che richiederebbe la presenza di un supereroe.
Cosa che lui NON è. Ma neanche per un secondo, eh.
I momenti da togliere il fiato sono diversi ed è troppo facile piazzarli tutti sul finale.
Qui, invece, oltre ad una chiusura al cardiopalma, ci imbattiamo in più di un momento emozionante il cui apice massimo è rappresentato, a mio avviso, da tutto ciò che accade in sala comando e in sala macchine (che non riporterò per evitare spoiler).
Il film si apre su una delle più ampie tele immaginabili - in mare aperto - per chiudersi poi su una nave enorme prima di essere trascinato nei confini claustrofobici della scialuppa di salvataggio.

E comunque, 'sta cazzo di macchina da presa si poteva pure tenere ferma e non avrebbe tolto nulla al film.
Basta, dovevo dirlo.
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Edna Von V
Se c'è qualcosa di più importante del mio ego su questa nave, la voglio catturata e fucilata.
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