COS'È: un film leggero su una malattia spaventosa.

Un film che sceglie di trattare l'argomento della malattia è coraggioso a prescindere perché ci sono pochissimi modi per farlo correttamente: il rischio di essere troppo superficiali o di scadere nella morbosità è altissimo e lascia veramente poco spazio d'azione.
L'Alzheimer era già stato trattato in maniera immensa ed impressionante da Haneke in Amour, quindi perché parlarne ancora?
Sì, si poteva evitare, se non fosse per la straordinaria interpretazione di Julianne Moore, giustamente in corsa per gli Oscar (e ammettiamolo: l'unica che possa impensierire la protagonista di Gone Girl).
Il paragone con Amour è inevitabile e rischia di offuscare un film che, se considerato in autonomia, si porterebbe a casa sicuramente qualche lode in più.
Ma l'opera di Haneke è decisamente più coraggiosa perché sceglie di mostrare il peggio di questa malattia, ovvero gli effetti su una donna anziana che lentamente perde la sua dignità.
Still Alice viaggia su corde decisamente più leggere ponendosi delle domande diverse (o quanto meno, facendomele porre): i risultati degli esami sono relegati in secondo piano (spesso tramite telefonate) e la domanda su cui ruota film sembra essere 'Quanti ricordi devi perdere prima di non essere più te stesso?'.
Questo è quello che mi sono ritrovata a chiedermi spesso: la dimenticanza di stamattina è una sciocchezza o è già un sintomo? Saprei ricordarmi di tutto e tutti già ora se non fossi al limite della grafomania e mi segnassi quasi tutto? E cosa stavo facendo dieci minuti fa?
Tu ti ricordi cosa stavi facendo prima di cliccare ad arrivare su questa recensione?
Still Alice si pone queste domande ma sceglie di non andare più a fondo, con una cautela compassionevole che solo chi ha ben chiaro il lato peggiore della malattia può avere.
L'Alice di Julianne Moore, poi, spezza il cuore, con quel suo sorriso che prova a tenerla in piedi ogni volta che vacilla: è lo stesso sorriso che ho avuto io quando quella persona mi ha salutato e io non l'ho riconosciuta anche se mi sembrava familiare?
Se capitasse a me so che reagirei allo stesso modo: all’inizio giocherei la carta del 'sono soltanto un po’ più sbadata del solito', poi proverei a cambiare argomento, provando a fingere di farlo apposta.
Sicuramente elaborerei strategie per tenermi al passo, anche quando una semplice conversazione si dovesse dimostrare oltre le mie forze.
Per questo il momento peggiore del film - per me - è quando il medico spiega ad Alice proprio questo: come i pazienti intellettuali rendano più difficile il lavoro di diagnosi ai dottori, per via dei mille trucchi che una mente allenata può utilizzare.
E non per rallentare la malattia. No, questo no, mai.
Solo per dissimulare i sintomi: girare all'infinito intorno ad un argomento (io mi son laureata così!), buttarla sul ridere, sai, lavoro molto, sono stanca, non posso ricordarmi tutto io.
E poi dai, non sono il tipo che si ricorda le date. O i volti. O i luoghi.

'Ciao Valentina, io sono te'.
Essere o non essere.
Forse dovrei iniziare anche io a segnarmi un paio di cose per il futuro.


(la recensione di Still Alice? Ma l'ho fatt- ah, non è una recensione.
Ah. Magari un'altra volta)



 In una scala da 0 ad Haneke: ce l'ho sulla punta della lingua


P.S.: volevo fare una battuta sul fatto che Kristen Stewart interpreta un'attrice fallita, ma forse è ridondante.
Fate finta che.



GUARDALO SE: 
vuoi arrivare preparato agli Oscar

EVITA SE:
sei sensibile all'argomento

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Edna Von V
Se c'è qualcosa di più importante del mio ego su questa nave, la voglio catturata e fucilata.

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