(sono in ritardissimo, lo so, mi farò perdonare con un altro post sul Dottore a breve, lo giuro)
Forse ho capito perché mi piace così tanto questo Dottore: perché è molto introspettivo e perché relaziona tutto al cibo (Lasagna? Soup?).
Come me.
E infatti mi sta anche un po' sul cazzo, che poi è il punto centrale di questa puntata: non riusciamo a reggere il nostro stesso sguardo, siamo impietosi con noi stessi e, forse, anche giustamente sospettosi.
Ma lettura personale a parte, la puntata è ammirabile anche per un altro motivo: è la dimostrazione che si può girare una truffa senza il budget stratosferico dei vari Oceans o delle Missioni Impossibili e senza la noia e la banalità di American Hustle.
Un gancio che apre ad una trama immediatamente intrigante è abilmente supportato da una serie di grandi concetti molto Who - uno sfacciato senso dell'umorismo sempre pronto a sfidare l'autorità , qualche trick tecnologico di cui possiamo ammettere l'esistenza solo qui (bombe a transizione dimensionale?), alcuni colpi di scena difficili da indovinare accanto ad altri un po' telefonati ed infine il meraviglioso mostro della settimana.
Tutti i personaggi continuano a crescere, ma stavolta tocca principalmente al Dottore che, superato il trauma del primo episodio, prende le redini del comando con una risposta in grado di zittire chiunque.
I due precedenti episodi scritti da Steve Thompson (The Curse Of The Black Spot e Journey To The Centre Of The TARDIS) cadevano proprio su questo punto: erano abbastanza superficiali e fini a se stessi.
Stavolta no, stavolta l'obiettivo viene colpito con un episodio fantastico da molti punti di vista.
Unico problemino.
Time Heist deve vedersela con una particolare variante della legge di conservazione di personaggi: l'episodio infatti ha due entità invisibili e misteriose, l'Architetto e la direttrice Karabraxos.
E l'unico modo in cui la rivelazione di una personaggio può essere d'impatto è quando si tratta di qualcuno che già conosciamo.
In una storia con solo cinque interpreti, non c'è molto spazio per potenziali candidati e, in più, questo aspetto richiama immediatamente un episodio visto poco tempo fa.
Parlo di Into The Dalek e dell'analisi dell'odio.
Ora il Dottore prova disgusto per l'Architetto, ma lui è spesso disgustato o nauseato, data la pletora di mostri con cui viene a contatto.
Si tratta, però, di emozioni reattive passive. Il Dottore si riserva il suo odio attivo per coloro che veramente lo meritano e infatti Into The Dalek ci ricorda come l'elenco comprenda essenzialmente solo i Daleks e se stesso.
L'identità dell'Architetto è quindi facilmente intuibile: forse la torsione avrebbe funzionato meglio se ci fossero altri possibili candidati per questa rivelazione.
Ma problemi di scrittura a parte (che come al solito imputerò a Moffat), si tratta di un episodio divertente ed intenso.
Solo un suggerimento: e se 'Shuttity up' diventasse il suo motto?
Oh, sarebbe MERAVIGLIOSO.
Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su XCondividi su Facebook
Forse ho capito perché mi piace così tanto questo Dottore: perché è molto introspettivo e perché relaziona tutto al cibo (Lasagna? Soup?).
Come me.
E infatti mi sta anche un po' sul cazzo, che poi è il punto centrale di questa puntata: non riusciamo a reggere il nostro stesso sguardo, siamo impietosi con noi stessi e, forse, anche giustamente sospettosi.
Ma lettura personale a parte, la puntata è ammirabile anche per un altro motivo: è la dimostrazione che si può girare una truffa senza il budget stratosferico dei vari Oceans o delle Missioni Impossibili e senza la noia e la banalità di American Hustle.
Un gancio che apre ad una trama immediatamente intrigante è abilmente supportato da una serie di grandi concetti molto Who - uno sfacciato senso dell'umorismo sempre pronto a sfidare l'autorità , qualche trick tecnologico di cui possiamo ammettere l'esistenza solo qui (bombe a transizione dimensionale?), alcuni colpi di scena difficili da indovinare accanto ad altri un po' telefonati ed infine il meraviglioso mostro della settimana.
Tutti i personaggi continuano a crescere, ma stavolta tocca principalmente al Dottore che, superato il trauma del primo episodio, prende le redini del comando con una risposta in grado di zittire chiunque.
I due precedenti episodi scritti da Steve Thompson (The Curse Of The Black Spot e Journey To The Centre Of The TARDIS) cadevano proprio su questo punto: erano abbastanza superficiali e fini a se stessi.
Stavolta no, stavolta l'obiettivo viene colpito con un episodio fantastico da molti punti di vista.
Unico problemino.
Time Heist deve vedersela con una particolare variante della legge di conservazione di personaggi: l'episodio infatti ha due entità invisibili e misteriose, l'Architetto e la direttrice Karabraxos.
E l'unico modo in cui la rivelazione di una personaggio può essere d'impatto è quando si tratta di qualcuno che già conosciamo.
In una storia con solo cinque interpreti, non c'è molto spazio per potenziali candidati e, in più, questo aspetto richiama immediatamente un episodio visto poco tempo fa.
Parlo di Into The Dalek e dell'analisi dell'odio.
Ora il Dottore prova disgusto per l'Architetto, ma lui è spesso disgustato o nauseato, data la pletora di mostri con cui viene a contatto.
Si tratta, però, di emozioni reattive passive. Il Dottore si riserva il suo odio attivo per coloro che veramente lo meritano e infatti Into The Dalek ci ricorda come l'elenco comprenda essenzialmente solo i Daleks e se stesso.
L'identità dell'Architetto è quindi facilmente intuibile: forse la torsione avrebbe funzionato meglio se ci fossero altri possibili candidati per questa rivelazione.
Ma problemi di scrittura a parte (che come al solito imputerò a Moffat), si tratta di un episodio divertente ed intenso.
Solo un suggerimento: e se 'Shuttity up' diventasse il suo motto?
Oh, sarebbe MERAVIGLIOSO.
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Edna Von V
Se c'è qualcosa di più importante del mio ego su questa nave, la voglio catturata e fucilata.
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