PREMESSA: ieri, a Venezia 71, Italy in a Day è stato premiato come Best Innovative Budget, la Menzione Speciale FEDIC e una menzione speciale per il Future Film Festival Digital Award.
La cosa è SCANDALOSA: non solo è un film ricalcato dal progetto di Ridley Scott, ma entrambi derivano direttamente da un film del 1982, Koyaanisqatsi.
Cosa ci sia di innovativo, di futuristico e di speciale, qualcuno si dovrà prendere la briga di spiegarmelo.
A parte questo, va detto che pure il film prodotto da Scott, lascia il tempo che trova.
La domanda di base è 'Com'era la vita sul pianeta Terra il 24 luglio 2010?'; la risposta è un progetto che non riesce a spostare l'aspetto emotivo da soggetto a spettatore.
Nonostante il repertorio eterogeneo dei take (guerra, violenza, malattia), il film sembra esprimere principalmente la necessità del genere umano di perpetuare se stesso, attraverso l'ossessione di documentare se stessi via video e tramite la procreazione.
Se il primo metodo è ovviamente artefatto e possiamo soprassedere, il secondo è dipinto in una maniera fastidiosa. I bambini figurano in modo sproporzionato nel filmato del film, mentre la mancanza di progenie, rappresentata da una donna in lacrime per la sua incapacità di concepire, suggerisce che la maternità è il fine ultimo della vita femminile.
Solo pochi frammenti sfuggono al narcisismo acritico che il film celebra e sembrano comunque US-centrici e inutili.
La maggior parte del metraggio non occidentale è simbolo di limite e dogana "esotica", senza alcun approfondimento e mostrata solo tramite stereotipi (o cose tremende o cose inutili e non personali).
La giustapposizione di frame orientali ed occidentali è stridente e fallisce miseramente nel dimostrare un'umanità unita, con basi comuni: le due realtà non comunicano, MAI.
Life in a Day, in fondo, non è qui per offrire una lettura dialettica della politica globale. Il suo interesse è molto più semplice: è un'orda di contenuti generati dagli utenti che abbraccia un finto populismo.
Un ammasso di frame che non prova nemmeno ad apparire impegnato: il film si propone di celebrare un'umanità che può abbracciare diversi costumi e credenze, ma è essenzialmente la stessa in tutto.
Nel progetto di Scott, in ultima analisi, ciò che unisce il genere umano è la sua banalità .
Che in fondo, non è un'analisi sbagliata.
Magari non c'avrei fatto due film, ecco.
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La cosa è SCANDALOSA: non solo è un film ricalcato dal progetto di Ridley Scott, ma entrambi derivano direttamente da un film del 1982, Koyaanisqatsi.
Cosa ci sia di innovativo, di futuristico e di speciale, qualcuno si dovrà prendere la briga di spiegarmelo.
A parte questo, va detto che pure il film prodotto da Scott, lascia il tempo che trova.
La domanda di base è 'Com'era la vita sul pianeta Terra il 24 luglio 2010?'; la risposta è un progetto che non riesce a spostare l'aspetto emotivo da soggetto a spettatore.
Nonostante il repertorio eterogeneo dei take (guerra, violenza, malattia), il film sembra esprimere principalmente la necessità del genere umano di perpetuare se stesso, attraverso l'ossessione di documentare se stessi via video e tramite la procreazione.
Se il primo metodo è ovviamente artefatto e possiamo soprassedere, il secondo è dipinto in una maniera fastidiosa. I bambini figurano in modo sproporzionato nel filmato del film, mentre la mancanza di progenie, rappresentata da una donna in lacrime per la sua incapacità di concepire, suggerisce che la maternità è il fine ultimo della vita femminile.
Solo pochi frammenti sfuggono al narcisismo acritico che il film celebra e sembrano comunque US-centrici e inutili.
La maggior parte del metraggio non occidentale è simbolo di limite e dogana "esotica", senza alcun approfondimento e mostrata solo tramite stereotipi (o cose tremende o cose inutili e non personali).
La giustapposizione di frame orientali ed occidentali è stridente e fallisce miseramente nel dimostrare un'umanità unita, con basi comuni: le due realtà non comunicano, MAI.
Life in a Day, in fondo, non è qui per offrire una lettura dialettica della politica globale. Il suo interesse è molto più semplice: è un'orda di contenuti generati dagli utenti che abbraccia un finto populismo.
Un ammasso di frame che non prova nemmeno ad apparire impegnato: il film si propone di celebrare un'umanità che può abbracciare diversi costumi e credenze, ma è essenzialmente la stessa in tutto.
Nel progetto di Scott, in ultima analisi, ciò che unisce il genere umano è la sua banalità .
Che in fondo, non è un'analisi sbagliata.
Magari non c'avrei fatto due film, ecco.
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Edna Von V
Se c'è qualcosa di più importante del mio ego su questa nave, la voglio catturata e fucilata.
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