Cosa posso dire su questo film oltre a quello che avete letto ovunque (12 anni di durata delle riprese, 39 giorni effettivi di shooting, etc etc etc)?
Sembro cretina se dico 'wow'?
Non mi interessa: wow!
Linklater prende (per modo di dire, visto che ha iniziato prima...) The Tree Of Life e ne fa la parafrasi: entrambi i film hanno uno scopo che è allo stesso tempo enorme ed intimo, ma Linklater fa un passo avanti.
Il concetto di base è tanto semplice quanto audace: si apre, in altre parole, la porta ad un nuovo tipo di narrazione, dove il passare del tempo spinge, e costringe, la narrazione stessa.
I volti e le caratteristiche degli attori - bambini e adulti - rispecchiano il cambiamento; per una volta in un film il tempo è reale.
La parte migliore per me è stato vedere come lo script si è piegato agli eventi reali che Linklater non avrebbe potuto prefigurare: il film non si limita a catturare i personaggi, ma segue il mondo in cui vivono (Mason vestito da Harry Potter va ad una festa di mezzanotte per l'uscita di un libro; sua madre che si frequenta con un veterano della guerra in Iraq...)
Tutto qui?
Beh, no.
In Boyhood ci sono pochi "grandi momenti" cinematografici: non esistono epifanie Hollywoodiane filtrate alla luce di un neon per sottolinearne il significato.
C'è, invece, Mason che scarabocchia graffiti su un muro, che chiede al padre perché non può usare la spondina nella pista da bowling ("Life doesn't give you bumpers," risponde Hawke - e che ci crediate o no, è esattamente quello che mio padre mi avrebbe detto), che gioca ai videogiochi, che stringe amicizie, dimentica i compiti, litiga con la sorella, si scontra coi bulli, fuma, si innamora...
Descritto come ho fatto io sembra una merda, anzi, sembra quella banalità di Life In A Day, ma osservato con attenzione, questo flusso di piccoli momenti assume una sorta di quiete, di potere metaforico.
Poi arrivano anche le scene strappalacrime che non vi spoilero, ma immaginatevi che qualcuno vi prenda e vi strofini la faccia su un muro fatto di carta vetrata.
Ecco, la sensazione è quella. Si chiama vita, dirà qualcuno.
Esatto, e nessuno l'aveva infilata così bene in un film.
E poi sì, ci sono anche scene che sembrano meno lucide, linea narrative che di tanto in tanto vanno fuori strada, ma che in qualche modo si fondono piacevolmente in una grande cupola di realismo.
Boyhood è una linea retta, senza flashback a sottolineare il passaggio del tempo o i danni dell'invecchiamento. Alcuni dei momenti più importanti e dei temi ricorrenti diventano chiari solo anni dopo, come quando la madre fa gli stessi errori tre volte, perché la vita è goffa, improvvisata, brusca.
Perché la vita è davvero quello che ti capita mentre sei impegnato a fare grandi piani per il futuro.
Insomma, tre ore che non si sentono nel complesso, dove però ogni minuto è una pietra.
Ogni piccolo pezzo di noi è una parte enorme per gli altri: ci voleva un film così a ricordarcelo.
Il più grande film del secolo.
Più chiara di così non riesco ad essere.
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Edna Von V
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E' in lista, lo guardo.
RispondiEliminaCiao!
RispondiEliminaAppena finita la visione (con un po' di ritardo!), ho aperto subito questa pagina per rileggere quello che hai scritto. Sto commentando a caldo, però posso dire che mi ritrovo con quello che dici sul nuovo tipo di narrazione, ammirevole. Mi piace anche che non ci siano carrambate varie Hollywoodiane.
Però molto probabilmente non mi ha toccato tanto quanto ha toccato te.
Ci ho visto troppi luoghi comuni e stereotipi. Tu dici "è la vita", vero.. forse la mia cinicità non me lo fa apprezzare appieno.
Credo di aver trovato il film che "è bello ma non mi piace". Ma sono ancora un po' dubbioso.
Grazie.